Il giornalista Tony Damascelli su Il Giornale ha commentato il rapporto tra presidenti di club e i propri allenatori, con un particolare riferimento alla situazione di Maurizio Sarri, in questi giorni al centro di numerose critiche per alcune sue dichiarazioni.
Le parole di Damascelli:
“C’erano una volta i presidenti ai quali bastava alzare la voce per rimettere ordine in casa.
Erano Moratti e Berlusconi, erano gli Agnelli e Viola o Sensi.
Oggi resistono in trincea De Laurentiis Aurelio e Lotito Claudio, che dominano la scena con il loro frasario e le loro scelte, anche le più imprevedibili, che hanno messo alla porta addirittura un professionista come Ancelotti.
Ma altrove la situazione è cambiata, a Torino e a Milano gli attori interpretano ruoli diversi dal passato.
Andrea Agnelli non ha il carattere e l’astuzia dialettica del padre e dello zio così come è lontanissimo, anzi opposto, ai modi di Giampiero Boniperti al quale era sufficiente uno sguardo per mettere a tacere qualunque malumore interno o critica che provenisse dall’esterno.
E così Maurizio Sarri, nonostante i tentativi di mettergli una sella, continua a correre come un cavallo da palio o da rodeo, scalciando qua e là, con posture e parole che hanno provocato qualche arrossamento sulla pelle piemontese, abituata ad altri stili e ad altre fedeltà aziendali.
Le ultime dichiarazioni sulla maglia a strisce che favorisce l’assegnazione a favore bianconero dei rigori è un’offesa ai predecessori in panchina, e a scudetti conquistati grazie appunto agli arbitri, anch’essi all’indice.
Sarri è questo, non può cambiare a sessant’anni, ma si riteneva che potesse migliorare, appena modificando usi e abitudini ma devo aggiungere che avrebbe bisogno di una protezione che, invece, a livello di comunicazione è inesistente, se non addirittura controproducente.
Ma è partita persa, alla proprietà l’argomento non interessa, se la comunicazione aziendale ha la priorità, quella sportiva è marginale. E Sarri diventa un battitore libero.
Idem come sopra a Milano, anzi peggio, molto peggio. Perché l’Inter è nelle mani di Conte, non soltanto la squadra ma la comunicazione effettiva al popolo dei tifosi“.