Dietro lo storico oro di Marcell Jacobs nei 100 metri c’è anche il prof. Antonio Dal Monte, 90 anni il prossimo 31 ottobre, ex direttore scientifico e capo del Dipartimento di Fisiologia e Biomeccanica dell’Istituto di Scienza dello Sport, che nel lontano 1987 mise a punto una macchina con l’obiettivo di migliorare la prestazione in velocità degli sprinter.
Si chiama scudo aerodinamico, frutto di un progetto tutto italiano e figlio di uno tra i più grandi luminari che la scienza applicata allo sport abbia mai conosciuto.
Dopo essere stato accantonato, il progetto è stato riadattato dall’Istituto di Scienza dello Sport del Coni secondo canoni moderni.
“Lo Scudo, non è altro che un carrello trainato da un’auto, che riduce la resistenza aerodinamica e consente agli atleti di correre in scia a parità di potenza erogata ma a velocità superiori a quelle di gara, incidendo così sulla sovrastimolazione neuro-muscolare”, spiega il CdS.
“L’effetto sulla variazione della forza aerodinamica è stato valutato fino alla velocità di 13 metri al secondo. E l’atleta che lo ha testato non più di 4 mesi fa è stato proprio Jacobs”.
Il Corriere dello Sport ha riportato le parole dell’esperto:
«Si sono ritrovate insieme una serie di condizioni, tra allenamento e “materiale” umano. Il progetto, una delle tante follie che mi sono venute in mente, agisce sulla diminuzione della resistenza e non sull’aumento della potenza: cosiì i muscoli lavorano meglio. Nel frattempo il progetto è stato aggiustato, avvicinando al massimo la struttura alla sagoma dell’uomo, senza essere un ostacolo».
«Difficile dire se può avere inciso sulle prestazioni di Jacobs. Nelle performance di velocità i guadagni sono tanto più ridotti quanto più aumenta la velocità stessa. Parliamo di centesimi di secondo, ma molto dipende anche dalla struttura fisica dell’atleta, dall’ambiente esterno, se si trova in uno stato di grazia… perfino se quel giorno magari ha litigato con qualcuno».
Il prof. Antonio Dal Monte è conosciuto ai più per la sua invenzione delle ruote lenticolari: «Alla base di tutto ho semplicemente sempre messo l’aerodinamica, la resistenza dell’aria è sempre stata una mia nemica».