La sentenza Koulibaly ha provocato reazioni dure e sdegnate.
La reazione del Napoli Calcio è stata dura ma anche molto civile.
Mattia Grassani, legale SSC Napoli, ha commentato: “Questa vicenda dopo più di vent’anni di militanza nell’ordinamento sportivo, mi lascia un senso di impotenza, di sconfitta e di grande delusione“.
Ancora: “Possono essere anche vacue parole, ma oggi mi sarebbe piaciuto leggere sui giornali la vittoria di un’ulteriore battaglia ideologica, perché le norme ci sono“.
“Oggi stiamo tutti male, perché lui – Koulibaly – oggi vedrà l’allenamento dei compagni per quello che è successo – conseguenza di quello che ha subito – in quello stadio”, ha concluso con rammarico il legale del Napoli.
Più dure e meno compassate le opinioni espresse da molti giornalisti intervenuti a commentare la vicenda.
Giancarlo Dotto (Corriere dello Sport): “A Questi Giudici Applausi Di Sdegno“.
Xavier Jacobelli (TuttoSport): “Koulibaly fuori, Mazzoleni in campo: doppia ingiustizia”.
Enrico Varriale (RaiSport): “Le circostanze eccezionali dovevano essere considerate. Si è persa l’occasione di dare un messaggio importante”
Prese di posizione molto dirette, rappresentative di un sentire comune che valuta la sentenza Koulibaly, iniqua nonché inopportuna: i giudici non sono burocrati, le norme non sono assolute, i giudici sono chiamati a interpretare quelle norme luce del caso che devono giudicare.
Leggiamo ancora un Giancarlo Dotto, duro, durissimo, senza mezze misure: “L’applauso per niente riverente lo facciamo noi oggi ai giudici, dateci pure la squalifica che meritiamo. E non chiamatelo applauso di scherno, chiamatelo applauso di sdegno. Chiamatela anche nausea. Chiamatela rivolta”.
“Due insopportabili orrori in uno. Respinto un ricorso più che legittimo verso una sentenza iniqua e sferrato l’ennesimo calcio in culo alla giustizia (mai scritta così minuscola) che, prima ancora d’essere un elenco di leggi da scartabellare, è un sentimento da custodire“.
“Un ragazzo che una comunità avrebbe dovuto casomai proteggere come un figlio, e finito invece nelle ottuse mani di forbici di arbitri e giudici sparsi. In nome di quell’astratto tecnicismo di cui si gonfiano il petto i mediocri, non potendo attingere all’unica risorsa per cui dirci umani, la sensibilità che si fa interpretazione e diventa guanto. L’ennesima occasione perduta. Di questo parliamo. E ogni volta, ritrovarsi più poveri“. Conclude Dotto con rabbia e amarezza.