Il professor Enrico Castellacci, ex medico della Nazionale italiana di calcio campione del mondo a Berlino nel 2006 e presidente dell’associazione dei medici del calcio italiano, è stato avvicinato dai microfoni di Calciomercato.com per commentare la situazione del mondo del calcio in seguito alla diffusione del Coronavirus:
Ecco uno stralcio dei passaggi più significativi dell’intervista concessa dal medico alla testata giornalistica sportiva
Dottor Castellacci, lei ha parlato di problemi che potrebbero sorgere anche con la disputa delle partite a porte chiuse:
“Il problema è abbastanza complesso, ma non bisogna fare terrorismo: anzi, da medico voglio rasserenare le persone, però non posso esimermi dall’esprimere il mio pensiero sulle precauzioni da adottare”.
“La decisione di disputare tutte le partite a porte chiuse era scontata, ma c’è di più: ho fatto presente che giocare a porte chiuse comporta lo spostamento come minimo di 30/40 persone, che per forza di cose devono viaggiare e muoversi, creando scompensi”.
Ci sono altre soluzioni plausibili o l’unica è fermare tutto?
“Il calcio è importante per noi italiani, toglierlo o sospenderlo sarebbe sgradevole per tutti”.
“Io ho parlato di ipotesi: qualora si dovesse ulteriormente allargare il focolaio, come sembra stia succedendo ed era pienamente plausibile, l’ipotesi della sospensione del campionato aspettando tempi migliori è assolutamente da prendere in considerazione. Il mio non è un consiglio o un suggerimento, ma semplicemente un parere, da medico.
Non sarebbe un brutto segnale?
“In questo momento la priorità assoluta è la salute degli italiani, come del resto del mondo. E’ la cosa più importante: l’infezione si diffonde e si propaga, non bisogna essere medici per capirlo. L’ipotesi di bloccare il campionato non è la fine del mondo, anche per conferire la giusta tranquillità a tutti gli addetti ai lavori”
Quindi giocare a porte chiuse è una “non soluzione”?
“E’ un rischio: le partite a porte chiuse prevedono la presenza non solo dei calciatori e dei tecnici, dirigenti, ma anche degli addetti ai lavori, come i giardinieri, della stessa stampa, di tante persone che gravitano attorno alla partita”.
“Lo facciano se queste presenze saranno autolimitate: non voglio mettere paura o spaventare il mondo del calcio, ma bisogna tutelarci. Lo dico da medico ma anche da presidente dell’associazione dei medici del calcio italiano”.