L’ex giocatore, nell’intervista a ‘Il Posticipo‘, ha raccontato della sua esperienza alla Juve e del rammarico di non aver potuto dare di più al club.
Scrive il sito di informazione sportiva che Simone Pepe è “uno di quelli che hanno dato tutto, sempre e comunque”.
“Anche questo ha contribuito a rendere più intenso il suo legame coi tifosi della Juventus”.
Scrive la rivista sportiva: “Simone Pepe alla Juventus ha lavorato sodo per conquistarsi il suo posto al sole: per Delneri era importante, per Conte è diventato insostituibile”.
“Gli infortuni hanno condizionato un paio di sue stagioni, ma al primo anno di Allegri è ritornato, proprio nella stagione in cui la Juve si è giocata la Champions poi persa nella finale di Berlino”.
Ecco alcuni passaggi della bellissima intervista:
D: Nel 2010-11 lei ha giocato nella Juve di Delneri: che stagione è stata?
“La Juve di Delneri non era forte come quella di Conte. C’erano tanti ragazzi come me al primo anno a Torino: Bonucci aveva giocato a Bari, io a Udine. La maglia della Juve pesava molto di più: c’erano molte responsabilità”.
D: L’anno dopo è arrivato Conte: quale è stata la sua prima mossa?
“Conte ha stravolto tutto: conosceva il mondo Juve da quindici anni, era cresciuto lì e sapeva tutte le dinamiche, quali tasti toccare per far rendere al meglio tutti. Quell’anno la società aveva acquistato Vidal, Vucinic, Pirlo e Lichtsteiner… Conte ci ha detto subito che con lui avrebbe giocato solo chi si sarebbe allenato. Non gli interessavano i nomi dei giocatori, ma il loro attaccamento alla squadra. E questa cosa l’ha portata avanti per tutta la stagione. Si è guadagnato subito una credibilità importante nei confronti del gruppo”.
D: Nell’estate del 2014 Conte è andato via improvvisamente: come la avete vissuta?
“Non ci aspettavamo che sarebbe successo da un giorno all’altro: avevamo iniziato un percorso e stavamo facendo grandi cose. Tutti si aspettavano che ci sarebbe stata un po’ di confusione dopo il suo addio, ma la Juventus si è dimostrata una grande società e ha preso Allegri, l’uomo giusto al momento giusto. Conte ci aveva fatto lavorare in continuazione per tre anni, Allegri invece ha portato qualcosa di diverso e sono arrivati subito grandi risultati. Quell’anno abbiamo vinto lo scudetto, la Coppa Italia e siamo andati in finale di Champions col Barcellona”.
D: In finale è arrivata una sconfitta: come la avete presa?
“Il Barcellona era più forte di noi ed era abituato a giocare quelle partite: questo ha fatto la differenza. Per noi in campo c’erano solo Pirlo, Tevez e Buffon che avevano giocato già a quei livelli. Siamo riusciti a restare in partita e forse saremmo potuti andare in vantaggio col rigore di Pogba, ma abbiamo perso. Io non ho giocato e mi sono reso subito conto che il giorno dopo sarebbe stato drammatico, invece chi era sceso in campo avrebbe dovuto smaltire l’adrenalina della gara prima di realizzarlo”.
D: Quell’estate è coincisa col suo saluto alla Juve: senza l’infortunio avrebbe potuto fare di più?
“L’infortunio è stato uno solo e si è ripetuto per tante volte sullo stesso punto: per questo motivo hanno deciso di operarmi. Da un semplice stiramento mi sono ritrovato a restare fermo per due anni. Andare via dalla Juve è difficile: uno ci vorrebbe restare a vita perché vinci, ti togli tante soddisfazioni e giochi al top. Senza l’infortunio avrei potuto fare qualcosa di più”
D: Oggi alla Juve viene rimproverato il fatto di vincere solo in Italia…
“Vincere è difficile dappertutto: dal campionato di terza categoria alla seconda, figuriamoci in Serie A! La Juve ha vinto sette scudetti e tutti pensano che sia semplice farlo, ma non è così. In Europa il cammino è stato importante: fare due finali di Champions è un ottimo risultato. Quando cominci a perderle subentra un po’ di ansia che ti fa pensare che non riuscirai mai a vincere questa benedetta Coppa. Quest’anno si è messa male l’andata degli ottavi, ma penso che la Juve possa ribaltare il risultato anche se l’Atletico sa difendersi meglio di chiunque altro”.
Fonte: il posticipo