È Tuttosport a spiegare come la Juventus sia stata vittima dell’ennesima ingiustizia in barba al regolamento del Var, che pure parla chiaro.
«E dire che il regolamento hanno provato a scriverlo in maniera chiara per far sì che il protocollo di applicazione del Var fosse inequivocabile», l’esordio del quotidiano sportivo.
«Ci siamo ricascati nonostante sia stato scritto nei principi che “Un Var è un ufficiale di gara con accesso indipendente ai filmati della gara, che può assistere l’arbitro soltanto in caso di “chiaro ed evidente errore” o “grave episodio non visto” in relazione “a una rete, rigore, espulsione diretta, scambio di identità”. E il neretto è presente proprio nel protocollo».
Dunque, tanto per capirci, «domenica sera il Var, Aureliano, non avrebbe dovuto chiamare Fabbri per dirgli che il contatto tra Milik-Lobotka precedente alla rete di Di Maria doveva essere visto al monitor, in quanto la giocata tra il polacco e lo slovacco era stata già valutata regolare da Fabbri che era vicino, indicando con il braccio addirittura del “continuare, tutto regolare”».
«A prescindere dalla fede che uno ha, o dell’idea che si è potuto fare sull’esistenza o meno dell’intervento falloso, è oggettivo il fatto che si tratti di una casistica controversa, in cui nessuno può arrogarsi il diritto di affermare che era o non era fallo. Su questo tutti coloro che vogliono applicare un ragionamento con base intellettualmente onesta devono concordare».
«E allora ecco che Aureliano non doveva sensibilizzare Fabbri poiché l’arbitro aveva valutato soggettivamente una azione avvenuta a due metri dai suoi occhi e sulla quale non si può pensare che ci sia stato un “chiaro ed evidente errore”. Ecco il motivo per cui il Var doveva stare zitto e la partita registrare il vantaggio della Juventus a otto minuti dalla fine. Invece…»