Mario Sconcerti nel suo editoriale per il Corriere della Sera ha commentato la vittoria della Juve sul Torino, mettendo l’accento su un dettaglio:
“Si è dato poca importanza all’intervento di Andrea Agnelli dopo la partita con l’Haifa. La svolta è stata lì, i giocatori rispettano la rabbia e la diversità di chi li paga”, ha fatto notare il giornalista ai suoi lettori.
“Agnelli ha usato parole dure, ha parlato di vergogna e di responsabilità, della necessità di uscire insieme dal momento. Ha tolto alibi a giocatori e tecnico assumendosi i rischi del futuro”.
Poi la differenza tra il presidente Agnelli e i suoi pari negli altri club: “Sono parole dovute, non nuove, che oggi non si dicono più. Non le ha mai dette Zhang, le ha fatte dire nel suo modo felpato e inutile a Marotta. Non le ha mai dette Friedkin, che le lascia dire a Mourinho confondendo i ruoli. Non hanno mai parlato né Elliott né Cardinale. Commisso quando parla non lo fa mai sui problemi della squadra, ma su quelli con la stampa”.
E ancora: “Nessun presidente si prende colpe, per questo quando uno lo fa porta rumore e conseguenze”.
Certamente, spiega Sconcerti “la Juve ha ancora problemi, probabilmente uscirà dalla Champions e vedrà altri vincere il campionato… Agnelli ha ricordato questo con in più una punta di orgoglio: la Juve siamo noi, i nostri cento anni di società, investimenti e scelte, nessun altro. Chi vuol giocare con noi lo ricordi”.
E ancora l’interpretazione di Sconcerti non fa una piega: “Chi vuol tifare per noi, lo ricordi anche di più. Non ci sono vie di mezzo. Il Torino è capitato così quasi in un ambiente non suo. Non è riuscito a spaventare la Juve con il solito agonismo. Quando Vlahovic è entrato in partita, il Torino ne è uscito quasi naturalmente”.