Il virologo e direttore dell’Unità di Microbiologia a Padova, Andrea Crisanti, ha rilasciato queste dichiarazioni in un’intervista a ‘La Stampa’:
“L’ultima ordinanza di Zaia è prudente e ragionevole. Non scherziamo: il problema non sono quelli che vanno a correre isolati e in sicurezza. Il problema semmai è che prima di aprire a una vera fase 2, l’Italia deve essere pronta”.
Grazie al modello Crisanti si è riusciti ad isolare gli asintomatici e bloccare il contagio. Poi lo stesso modello è stato esteso in tutto il Veneto.
Nel paesino veneto di Vo’ Euganeo, infatti sono stati effettuati “tamponi diffusi”.
“In Veneto si conosce meglio l’epidemia perché facciamo molti più test, a livelli tedeschi, e mettiamo in isolamento domiciliare gli asintomatici”, ha spiegato il medico.
“L’Italia – invece – non può ragionare di una fase 2 senza avere i dati reali dell’epidemia: non sappiamo ancora l’incidenza giornaliera dei casi né la loro stratificazione”.
Secondo il virologo, si può uscire dalla fase acuta dall’emergenza coronavirus e passare alla fase 2 solo con “la tracciabilità dei contagiati” e “la capacità di rifornire la popolazione di dispositivi di sicurezza” e “creare una forza di reazione efficace in caso di nuovi contagi”.
Crisanti avverte: “Eliminando via via le restrizioni, in assenza di un vaccino, ci saranno nuovi focolai. Inutile nasconderci il rischio che si assume chi ci governa nel decidere di riaprire il Paese è grande. Ma questo rischio deve essere accettabile per la comunità”.
“Servono strumenti all’altezza della situazione che stiamo vivendo. Per riaprire bisogna poter tracciare e sapere dove sono i positivi al virus. Altrimenti dovremo ricominciare tutto da capo”, ha concluso.