Moreno Torricelli, ospite d’eccezione del corso per talent scout organizzato da Cataliotti Football Workshop a Reggio Emilia, ha ripercorso le tappe della sua eccezionale e unica carriera calcistica, che lo ha visto diventare una leggenda della Juventus.
A 22 anni passò dalla Caratese alla Juventus dell’allora Trapattoni, e sotto la sua guida vinse tutto quello che si poteva vincere.
Torricelli racconta la sua bella storia:
“Ho mosso i primi passi nel mondo del calcio nel settore giovanile del Como, ma a 13 anni ho deciso di abbandonare gli studi per andare a lavorare in un mobilificio: volevo essere indipendente economicamente e ho dovuto fare un passo indietro nel calcio. Ai tempi della Caratese, in occasione delle amichevoli contro la Pro Vercelli, alcuni dirigenti avversari mi notarono, rifiutai il passaggio nella loro squadra perché era di pari categoria, ma mi dissero che c’era la possibilità di partecipare a un’amichevole contro la Juventus. Accettai e, dopo la partita Trapattoni mi propose di andare a Torino una settimana, per giocare altre amichevoli ed essere valutato. Avevo 22 anni e presi una settimana di ferie per andarci”.
“Al termine della settimana di prova, tornai a casa per licenziarmi. Trapattoni mi disse che in caso di mancato arrivo di Vierchowod, avrei vestito la maglia bianconera: tutti i giorni leggevo i giornali e le notizie erano confortanti. ‘Vierchowod si allontana’, mentre io mi avvicinavo alla Juventus”.
“Arrivato a Torino, fui accolto subito molto bene dal gruppo. Ricordo che Baggio mi soprannominò Geppetto proprio per il mio vecchio lavoro di falegname. A colpirmi fu la grande umanità di Gianni Agnelli, che venne molte volte a parlarmi per chiedermi di me e del mio ambientamento a Torino”.
“Un ragazzo che può fare strada si riconosce dalla voglia che ha di mettere al primo posto il calcio. Dai 16 anni in poi avevo la fidanzata, ma il sabato sera tornavo a casa alle 23 perché il giorno dopo c’era la partita. Stessa cosa per quanto riguarda il lavoro: per un lungo periodo lavorai 12 ore al giorno dal lunedì al sabato, tranne il mercoledì, per poter avere il giorno libero per andare a giocare con la nazionale dilettanti”.
“Il mio diktat è ‘prima la persona, poi il calciatore’. Gli allenatori devono capire che per far crescere i ragazzi sotto il profilo calcistico è necessario anzitutto lavorare dal punto di vista umano. Nelle formazioni giovanili, tutti devono avere la possibilità di giocare. Vorrei lanciare un appello: gli allenatori non devono avere paura di lanciare i giovani calciatori, proprio come fece Trapattoni con me. Una scelta molto rischiosa che poi ha pagato”.
“Il compagno più attento e maniacale? Del Piero! Passava le ore in palestra a lavorare sodo per migliorare. Fiorentina? Non potrò mai dimenticare quando Cecchi Gori venne a chiedermi di parlare con Edmundo per convincerlo a non partire per il Carnevale. Ma il contratto era chiaro: poteva farlo. Trapattoni? Dopo la prima partita mi disse: o sei pazzo o sei un vero giocatore“.
“La differenza tra la Juventus e Milan e Inter sta nel senso d’appartenenza. Mi dispiace che la famiglia Berlusconi e quella Moratti abbiano venduto i rispettivi club ai cinesi: sono un pezzo di storia e hanno rappresentato il club, al pari degli Agnelli per i bianconeri”.