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Il coraggio di Torricelli: dal sogno Juventus alla tragedia familiare, fino a una nuova vita.

L’ex terzino della Juventus si apre al Corriere: “Barbara aveva la leucemia. I medici mi dissero che c’era solo il 2% di possibilità di guarigione. Non dissi nulla, nemmeno ai nostri tre figli, perché non volevo togliere loro la speranza.”

Moreno Torricelli non ha mai inseguito il calcio come un sogno irrinunciabile. Era un ragazzo come tanti, cresciuto tra i mobilifici del suo paese e con una precoce voglia di indipendenza: “A 13 anni ho cominciato a fare il falegname, non mi piaceva la scuola e volevo guadagnarmi qualcosa”, racconta al Corriere della Sera. Il suo talento calcistico rimaneva nascosto nei dilettanti della Caratese, fino a quando, a 22 anni, una partita amichevole con la Juventus e l’intuizione di Trapattoni gli cambiarono la vita: “Firmai il contratto sul cofano di un’auto e passai da due milioni di lire a ottanta. Il giorno prima facevo l’artigiano, quello dopo ero in tournée con la Juve.”

Lui e Del Piero, poco più che ragazzi, diventarono amici inseparabili: “Veniva spesso a mangiare da noi, mia moglie gli tagliava i capelli. Era un talento, ma anche uno di famiglia. Il soprannome Geppetto? Me lo diede Baggio nell’estate del ’92, dopo aver letto un articolo su di me.”

Barbara, l’amore e la malattia
Barbara l’aveva conosciuta a 15 anni, lavorava con sua cugina, ed era stato amore a prima vista. Una storia cresciuta insieme alla famiglia, interrotta troppo presto. La diagnosi arrivò poco prima di Natale 2009: leucemia. Torricelli ripercorre quei giorni con una lucidità disarmante: “I medici mi dissero che c’era solo il 2% di possibilità di guarigione. Non dissi nulla, né a lei né alla sua famiglia, né ai nostri tre figli. Non volevo spegnere la speranza.”

Solo pochi giorni prima della tragica fine, nel 2010, trovò la forza di raccontare la verità: “È stata una liberazione. Anche oggi i miei figli non sanno tutto: lo scopriranno leggendo questa intervista.”

Il calcio dopo il lutto
Dopo la morte di Barbara, anche il calcio perse senso. “Allenavo il Figline, il campo era una specie di sollievo. Ma quando arrivò la proposta del Crotone in Serie B dissi di no: i miei figli venivano prima di tutto.” Così Torricelli tornò alle origini, alla falegnameria. Durante la pandemia riprese in mano gli attrezzi, aiutando un artigiano di Lillianes, il borgo valdostano dove vive. Oggi sta restaurando l’alpeggio di Lucia, la nuova compagna: “Mi ha riacceso la luce dentro, è stata delicata con i miei figli. Non era facile, perché per loro la mamma resterà sempre una sola.”

Ripartire a 55 anni
A 55 anni, Torricelli è un nonno felice e partecipa al progetto Allenarsi per il futuro, portando ai ragazzi nelle scuole i valori dello sport: impegno, umiltà, passione. “Dico loro di cogliere l’attimo. La vita può dare tutto e togliere tutto, bisogna viverla fino in fondo. Con Barbara ho condiviso 20 anni bellissimi, abbiamo avuto tre figli meravigliosi, due dei quali mi hanno già reso nonno. Poteva durare di più? Certo. Ma il viaggio è stato comunque stupendo.”

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