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Divieto di sponsor per il betting in Premier League: cosa cambia e quanto perdono i club

La Gran Bretagna è da tempo considerata, a buona ragione, patria del gioco d’azzardo e del betting sportivo. È una storia che parte da lontano, rinvigorita anche dal cinema e dal mondo delle serie tv: i Peaky Blinders di Tommy Shelby, non a caso, nascono come allibratori nella Birmingham del Primo Novecento.

Nella realtà, nella stagione in corso di Premier League, il 55% delle squadre di calcio britanniche ha almeno un accordo di partnership con società del settore gioco/scommesse. Undici club su venti in Premier hanno dunque società di betting sulla propria casacca di gioco, in aumento di tre unità rispetto alla passata stagione.

Queste sono Aston Villa, Bournemouth, Brentford, Crystal Palace, Everton, Fulham, Leicester, Nottingham Forest, Southampton, West Ham e Wolverhampton. Cinque di questi club hanno accordi pluriennali, altri invece sono passati da sponsor non di gioco a sponsor di gioco. È una situazione favorevole, oggi. Ma tutto può cambiare dalla stagione 2026/2027.

Difatti entro la fine della prossima stagione, la Premier non potrà avere più sponsor così sulle maglie. Cosa allargata poi a tutti i campionati del Regno Unito. Una mossa voluta dal Governo labourista che ha messo mano direttamente al divieto di sponsorizzazioni, che nasce però da una scappatoia: la norma approvata parla di ritiro di sponsorizzazioni dalla parte anteriore delle maglie, ovverosia le sponsorizzazioni non spariscono del tutto ma sono solo “meno visibili”. Ed andranno in parti più nascoste, come le maniche. Ciò garantirà la possibilità di altre sponsorizzazioni, in primis i cartelloni all’interno dello stadio.

Una situazione paradossale che prevederà ingenti modifiche, per le maglie. Ciò potrebbe portare ad una modifica degli accordi in essere e per questo le società avranno due anni di tempo per massimizzare gli introiti. Questo divieto di sponsor

è stato discusso ampiamente tra Lega, Club, i dipartimenti di cultura, media e sport nel novero del più ampio dibattito sulla legislazione del gioco d’azzardo.

Le sponsorizzazioni britanniche pagano mediamente il doppio rispetto agli sponsor non di gioco e ciò permette ai club “minori” di sopravvivere con introiti all’altezza di club di alta fascia. Il problema che esiste, piuttosto, è un altro e riguarda le società “white label”: in questo caso chi gestisce non è proprietario del marchio, come nel caso di DEBET e Net88, sponsor di Wolves e Crystal Palace.

Il punto ora è un altro: che impatto ci sarà sulla Premier League? Presumibilmente importante. Molte società si basano su questi accordi per incrementare le proprie entrate.

La fine delle sponsorizzazioni potrebbe portare a perdite per oltre 10 milioni. È un divieto parziale ma lascia comunque molti dubbi: nulla vieterà alla società di stringere accordi con sponsor di titoli, kilt o digitali.

Queste ultime infatti permettono di non limitare gli accordi agli spazi fisici. I brandi ora integrano le attivazioni digitali per coinvolgere i fan online, espandendo la loro portata. Una situazione che si annuncia complessa e per la quale forse un accordo non basterà.
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