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Gigi Riva: «Lo Bello regalò un rigore alla Juve»

«Mi chiamavano Rombo di Tuono»: È questo il titolo del libro scritto da Gigi Riva con l’editorialista de La Stampa, Gigi Garanzini e che il primo novembre sarà in libreria.

Ecco qualche anticipazione come quella della lite con l’arbitro Concetto Lo Bello.

Accadde tutto nel secondo tempo di Juventus- Cagliari, il 15 marzo 1970.

Il primo tempo era filato via liscio. Oddio, liscio, il primo gol lo aveva segnato il nostro stopper nella nostra porta, ma diciamo – sorridendo – che con Niccolai poteva anche succedere. Pareggiai io poco prima dell’intervallo ed è ovvio che con due punti di vantaggio in classifica il risultato ci stava bene. Non avevamo fatto i conti con Lo Bello”.

Riva racconta che, per uno sciopero improvviso della sede Rai, le telecamere erano spente e il secondo tempo della partita in registrata, come usava allora, non sarebbe andato in onda. E Lo Bello lo sapeva.

“Cominciò con un rigore per la Juventus, del tutto inesistente. Protestammo a lungo, lui fu irremovibile, andò sul dischetto Haller e Albertosi parò. Mentre correvamo ad abbracciarlo, l’arbitro tornò a indicare il dischetto: il rigore era da ripetere. E lì perdemmo tutti quanti la testa, a cominciare da me. Mentre Albertosi piangeva di rabbia aggrappato al palo, io andai da Lo Bello e incominciai a riempirlo di parole, parolacce, insulti. Gli urlai che noi avevamo fatto sacrifici per un anno intero, e non era giusto che un coglione come lui li buttasse all’aria. Gli dissi anche di peggio, lui fingeva di non sentire e continuava a dirmi di pensare a giocare”.

E ancora: “Anastasi segnò il secondo rigore […] Rientrando a metà campo tornammo a dirgliene di tutti i colori […] Pensa a giocare, mi disse ancora un istante prima di far riprendere la partita. E a Cera, che era il nostro capitano, con quell’aria furba che sapeva fare: e voi pensate a buttar la palla in area su Riva. Il rigore per noi arrivò a qualche minuto dalla fine, per un contatto in area non meno discutibile di quello precedente. Stavolta furono loro a protestare a non finire, io ero così stravolto che non calciai benissimo e Anzolin in tuffo riuscì a toccare la palla, per fortuna senza prenderla. Tornando a metà campo dopo abbracci interminabili perché quel gol valeva praticamente il titolo, Lo Bello mi fissò a lungo e la sua espressione diceva: «Allora, hai visto?». Gli risposi ancora un po’ secco: «E se lo sbagliavo?». La parola fine la pretese lui: «Te lo facevo ripetere»”.

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