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SuperLega, Marangio (Radio Bianconera) accusa: “Stampa condizionata e popolazione traviata, male informata, fomentata e, infine, strumentalizzata”

Il giornalista di fede Juventina nonché speaker di Radio Bianconera Vincenzo Marangio ha commentato senza peli sulla lingua la vicenda legata al progetto SuperLega voluto (e poi naufragato) da Agnelli e Perez in primis.

Vincenzo Marangio parte dal fatto che Andrea Agnelli, ha incassato un pesante colpo, finendo nel vortice di un violento qualunquismo nazional popolare. Una lotta di classe da parte di ricchi travestiti da poveri, appoggiati da una stampa condizionata e una popolazione traviata, male informata, fomentata e, infine, strumentalizzata”.

“Una Super Lega a cui avrebbero dovuto partecipare soltanto Juventus, Milan e Inter, accusate di rischiare di monopolizzare la Serie A….”, ricorda il giornalista.

Quella Serie A che negli ultimi 70 anni ha visto Juventus, Milan e Inter dividersi 57 scudetti, lasciando le briciole (13 titoli) a 9 squadre diverse. Una vera e propria oligarchia che, tranne rari momenti eccezionali, ha visto lo strapotere di pochi (tre) importanti club, nettamente superiori a tutti gli altri per potenza economica, tradizione e organizzazione. Tre squadre sole al comando per 70 anni, eppure sembra che nessuno se ne sia accorto al punto da accusarle di alterare gli equilibri della Serie A”.

“La differenza tra ricchi e poveri c’è sempre stata anche quando ci riempivamo la bocca parlando del nostro campionato come il più bello del mondo. L’unica vera zona di passaggio tra un calcio romantico e un calcio moderno avvenne nel dicembre del 1995 con la “sentenza Bosman” che sancì la possibilità per i calciatori di trasferirsi gratuitamente alla fine del loro contratto, dando di fatto il via alla nascita dei procuratori, stabilendo tra l’altro l’abolizione del tetto al numero di calciatori comunitari nelle rose”.

Il giornalista spiega che “in pratica dal questa sentenza accadde che: la figura dei procuratori cominciò ad incidere nella libera circolazione dei calciatori, gravando sulle casse dei club fino ad incidere in maniera sempre più pesante sui bilanci; e i giovani calciatori italiani trovarono una forte concorrenza dai calciatori stranieri che portavano con sé il fascino dell’esotico”.

“Ma dal 1995 ad oggi 22 scudetti su 24 se li sono continuati a dividere Juventus (13), Milan (4) e Inter (5), il tutto intervallato dallo scudetto della Roma che, per interrompere un digiuno lungo 18 anni, si indebitò al punto che alla fine del 2003 si ritrova con circa 665 milioni di debiti accumulati, e quindi costretta a ristrutturare aprendo la porta a Capitalia (poi assorbita da Unicredit)”.

Tuona ancora il giornalista: “È più facile fare demagogia sul romanticismo e la passione che accettare il cambiamento e andargli incontro”.

E a chi sostiene che la Super Lega era nata soprattutto come escamotage da parte dei club più amati di salvarsi da errori di gestione che hanno creato indebitamenti, il giornalista di fede juventina risponde così:

Si, è vero. E non è giusto, perché la meritocrazia deve conservare sempre la sua parte, ma se ad arricchirsi saranno le federazioni che si dimostrano incapaci di suggerire vie nuove e soluzioni per salvare i club dei sogni, e sfruttarne l’appeal e la forza di spesa che, a sua volta, permette la crescita delle realtà minori, allora il calcio non si salverà. A salvarsi saranno i tanti, troppi presidenti che si adagiano come zavorre su un sistema che li premia invece di spingerli a crescere.

Si chiama rischio d’impresa e voi insultate pure i Perez e gli Agnelli di turno, ma finchè ci sarà chi prova ad andare incontro al cambiamento anche per tornaconto personale, allora ci sarà speranza”.

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