Maurizio Sarri ha rilasciato un’intervista alla rivista Vanity Fair in cui ha parlato del suo passato al Napoli e del suo possibile futuro.
Moltissime sono le voci che si susseguono da settimane, che darebbero l’ex tecnico azzurro molto vicino alla Juventus, ma per il momento non c’è stata nessuna conferma.
Le parole di Maurizio Sarri a Vanity Fair:
“I napoletani conoscono l’amore che provo per loro, ho scelto l’estero l’anno scorso per non andare in una squadra italiana. La professione può portare ad altri percorsi, non cambierà il rapporto”.
“Fedeltà è dare il 110% nel momento in cui ci sei. Che vuol dire essere fedele? E se un giorno la società ti manda via? Che fai: resti fedele a una moglie da cui hai divorziato? L’ultima bandiera è stata Totti, in futuro ne avremo zero“.
Sarri ha poi proseguito commentando il concetto di vittoria a ogni costo
, inseguito dai club:“Un’estremizzazione che annebbia le menti dei tifosi e di alcuni dirigenti, cosa che mi preoccupa di più. È sport, non ha senso. Non si può essere scontenti di un secondo posto“.
Sulle sue tecniche di allenamento, Sarri commenta:
“È un modo di giocare a calcio e basta. Nasce dagli schiaffi presi. L’evoluzione è figlia delle sconfitte. Non solo nel calcio. Io dopo una vittoria non so gioire. Chi vince, resta fermo nelle sue convinzioni. Una sconfitta mi segna dentro più a lungo, mi rende critico, mi sposta un passo avanti”.
“Esistono squadre medie di grandi giocatori o grandi squadre di giocatori medi. Io lavoro su questo. Il fuoriclasse è quello a disposizione della squadra, altrimenti è solo un bravo giocatore. Siamo pieni di palleggiatori fenomenali. Pure ai semafori. Il divertimento è contagioso se collettivo. Se ti diverti da solo, in 5 minuti arriva la noia“.
Sulla sua abitudine a indossare la tuta in campo, Sarri commenta:
“Se la società mi imponesse di andar vestito in altro modo, dovrei accettare. A me fanno tenerezza i giovani colleghi del campionato Primavera che portano la cravatta su campi improponibili. Mi fanno tristezza, sinceramente”.
Su un suo possibile ritorno in Italia, Sarri ha commentato:
“Per noi italiani il richiamo di casa è forte. Senti che manca qualcosa. È stato un anno pesante“.
“Comincio a sentire il peso degli amici lontani, dei genitori anziani che vedo di rado. Ma alla mia età faccio solo scelte professionali. Non potrò allenare 20 anni. È l’anagrafe a dirlo. È roba faticosa, la panchina. Quando torno a casa in Toscana mi sento un estraneo. Negli ultimi anni ci avrò dormito trenta notti”.
Sarri ha poi concluso commentando il suo essere scaramantico:
“Ho smesso di vestire solo di nero. Mi è rimasta l’abitudine di non mettere piede in campo, dentro le linee dico, finché la partita non è finita. Prima o poi abbandonerò pure questa: già in certi stadi le panchine son dalla parte opposta degli spogliatoi e il prato devo calpestarlo per forza. Quando cominci a vincere, le scaramanzie finiscono“.